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21-06-06

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 LE MIE PROPOSTE

 

All’età di 11 anni ho vinto un premio per la giornata del fanciullo, promossa dalll’ ONU. Disegnai una madre con in braccio un bambino, entrambi accolti dalle lunghe braccia della città di Roma con la scritta: “Roma aiuta la donna lavoratrice”. Dopo molti anni, oggi, mi sembra di ripartire proprio da quella idea forte, per cui il Comune di Roma deve avere cura delle donne, siano esse bambine, adolescenti, madri o anziane. La città ha la sua forza nell’amore, nella libertà e nel coraggio delle donne. Partire da qui, far tesoro di queste esperienze, significa fondare una società su basi solide. La salute delle donne non è solo una questione che riguarda il loro corpo, ma la qualità della vita e la possibilità o meno di  vivere con partecipazione e serenità l’ambiente urbano. Roma è una città ricca di esperienze associative. La relazione e la comunicazione con queste già di per sé permetterebbe di offrire al cittadino molte delle prestazioni, dell’ assistenza e del sostegno di cui necessita.

Ma non basta, occorre tornare a considerare i consultori i luoghi deputati all’incontro tra donne, uomini, servizi e territorio. Oggi, a Roma esiste un consultorio ogni 140.000 ab. Diminuire il rapporto (le normative auspicano 1/20.000 ab) è un obiettivo non quantitativo, ma qualitativo. Inoltre, provvedere al decoro di queste strutture significa qualificare il servizio pubblico e renderlo appetibile a tutte le classi sociali. Si accresce così il bacino di utenza e si perfeziona l’efficacia di politiche sanitarie pubbliche volte alla prevenzione.

Per aiutare un bambino a crescere bene e la costruzione di una nuova famiglia, occorre stare al fianco della donna, divenuta madre. Da qui l’idea di adottare una madre. Questo progetto consiste nell’aiutare con una disponibilità di tempo una donna neomamma. Penso alle donne sole, italiane o straniere o che non abbiano una famiglia vicina di riferimento o che non possano raggiungere facilmente una struttura consultoriale adeguata. Un aiuto concreto, di tempo e servizi dedicato per le faccende di casa o per seguire la donna che si occupa del bambino. Questa catena di solidarietà è importante per evitare situazioni di disagio sociale e psicologico e prevenire la depressione post-partum. Esistono associazioni esperte sul territorio, ma potrebbero essere coinvolte anche le mamme veterane, sia per la fase dell’allattamento,che del puerperio. Oltre alla solidarietà, occorre creare reti di sicurezza per la famiglia. Il Comune di Roma deve garantire l’affidabilità e la formazione di nuove figure professionali, che entrano nelle case dei cittadini, dalle baby sitter alle badanti Oltre agli asili nido, soprattutto quelli nei posti di lavoro, l’opportunità di personale specializzato di cui la donna possa avere fiducia quando apre la porta di casa. Questa esperienza è già partita in alcuni municipi sarebbe opportuno renderla più omogenea ed organica sul territorio della città.

 

 Ma esiste anche un ragionamento giuridico che non torna. La donna che non lavora non ha accesso agli asili nido comunali e magari non può cercare lavoro perché non sa a chi lasciare il bambino. Occorre interrompere questo cerchio. E se la donna non è madre quale sostegno le offre la città, magari sola e anziana? Il punto è che le normative spesso procedono per categorie di valore, attribuito ad un parametro socio-economico (lavoro, reddito). Il salto di qualità, a mio avviso, potrebbe essere proprio quello di umanizzare la vita del cittadino, donna o uomo che sia, a Roma, nella sua quotidianità e non solo nell’emergenza.

 

 

 

 

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Ultimo aggiornamento: 21-06-06      WEB MASTER: Fabio Ciceroni